125377.fb2 Occhi dambra - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 5

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— Molto generoso da parte tua. — Si alzò in piedi a sua volta, facendo un cenno a Garda col capo, e si diresse verso l’uscita. — Vieni.

— Shannon.

Egli si fermò senza voltarsi.

— Non credo che tu abbia fallito. Credo che tu sia riuscito a toccare T’uupieh nell’intimo. L’ultima cosa che ha detto è stata: «Non posso cambiare il domani. Soltanto tu puoi farlo»… Credo che ella abbia sfidato il demone ad agire, a fare ciò che lei non poteva da sola. Sono convinta che ti ha chiesto di aiutarla.

Egli si voltò lentamente: — Credi davvero?

— Sì, lo credo. — Chinò la testa, liberando le ciocche di capelli che le si erano infilate nel collo del maglione.

Lui ritornò al suo seggiolino imbottito, le sue dita sfiorarono le piastre ora buie, inerti. — Ma non servirebbe a nulla parlarle di nuovo. In qualche modo il demone deve fermare lui stesso l’attacco. Se soltanto potessi usare la «voce» per avvertirli… Maledizione a questa enorme distanza, al ritardo delle comunicazioni! — Quando la sua voce li avesse raggiunti, l’attacco sarebbe ormai già terminato. Come avrebbe potuto cambiare qualcosa «domani», con quelle due eterne, irrimediabili ore di ritardo?

— So come aggirare il problema del ritardo.

— Come? — Garda si sedette a sua volta, lasciando trasparire una ridda di emozioni sul suo ampio volto rugoso. — Non puoi inviare un avvertimento prima del tempo. Nessuno può sapere quando passerà Klovhiri. Potrebbe arrivare troppo presto o troppo tardi.

Shannon si rizzò sul seggiolino: — Sarebbe meglio chiedere «perché?» — Si rivolse a sua madre. — Perché hai cambiato idea?

— Non ho mai cambiato idea — rispose pacatamente sua madre. — E neppure mi è mai piaciuto tutto questo. Quand’ero ragazza, avevamo l’abitudine di credere che le nostre azioni potessero cambiare il mondo; forse non ho mai smesso di volerlo credere.

— Ma a Marcus non piacerà che ci mettiamo a tramare dietro la sua schiena. — Garda agitò il suo bastone. — E che mai potreste obiettare al fatto che, forse, è proprio vero che abbiamo bisogno di questa pubblicità?

Shannon si voltò a guardarla, irritato: — Pensavo che tu fossi dalla parte degli angeli, non l’avvocatessa del diavolo.

— Ma io sono dalla parte degli angeli! — Garda fece una smorfia. — Però…

— E allora che cosa c’è che non va nel fatto che la sonda cercherà di compiere un salvataggio all’ultimo minuto? Non sarà anche questa una notizia sensazionale?

Vide che sua madre sorrideva, per la prima volta dopo tanti mesi.

— Sensazionale… sempre che T’uupieh non ci abbandoni in mezzo alla palude, per il nostro tradimento.

Shannon replicò, in tono più calmo: — No, se T’uupieh desidera veramente il nostro aiuto. E io so che lo vuole… Lo sento. Ma in che modo potremo aggirare l’ostacolo del ritardo?

— Io sono l’ingegnere, ricordi? Mi servirà un tuo messaggio registrato, e un po’ di tempo per trafficarci sopra. — Sua madre gli indicò il terminal del computer. Shannon lo accese, e lasciò libero il seggiolino. Sua madre prese posto e cominciò a formare un programma sullo schermo, prelevando dati dalla memoria del computer. Sullo schermo si formò la scritta: TELECOMUNICAZIONI A COMANDO MANUALE. — Vediamo… — disse. — Mi servirà un controllo a retroazione sull’avvicinarsi del gruppo di Klovhiri.

Shannon si schiarì la gola: — Dicevi sul serio, prima che Reed entrasse?

Ella sollevò lo sguardo, e lui percepì la risposta inespressa che si formava sul volto di lei, che finì per sfumare in un nuovo sorriso: — Garda… questo è mio figlio il Linguista, no?

— E quando mai ti è capitata fra le mani quella canzone di Pete Seeger?

— Ma ti sei mai chiesta perché ho anche un figlio musicista? — A sua volta Shannon fu spinto a sorridere. — Ho ascoltato qualche disco, ai miei tempi — proseguì sua madre, e il suo sorriso sembrò rivolgersi, assorto, a qualche ricordo interiore, mentre continuava a fissarlo: — Credo di non averti mai detto di essermi innamorata di tuo padre perché mi ricordava Elton John.

T’uupieh restò silenziosa, fissando l’occhio impassibile del demone. Il nuovo giorno stava trasformando le nuvole da cumuli bronzei in un fiammeggiare dorato; il bagliore filtrava tra le fronde scintillanti degli alberi nodosi, riflettendosi sulle verdi, lucide superfici dei dirupi e dei pendii, e infine sulla superficie brunita del carapace del demone. Lei rosicchiò le ultime sfilacciature di carne da un osso, costringendosi a nutrirsi, appena cosciente di ciò che stava facendo. Aveva già inviato degli osservatori in direzione della città, per tener d’occhio Chwiul… e il gruppo di Klovhiri. Dietro di lei il resto della banda si stava adesso preparando, provando le armi e i riflessi, oppure riempiendosi la pancia.

E il demone non le aveva ancora parlato. C’erano state altre occasioni in cui aveva scelto di non parlare per molte interminabili ore; ma dopo le sue folli farneticazioni della notte prima, lei era ossessionata dal pensiero che potesse non parlarle mai più. La sua preoccupazione crebbe, accendendo la miccia della sua collera, che quel mattino era già fin troppa. Al punto che, in un accesso di rabbia, avanzò e sconsideratamente colpì la sonda con la mano aperta: — Parlami, mala’ingga!

Ma quando la sua mano toccò la superficie, un dolore, come una fiammata incandescente, le attraversò fulmineo i muscoli del braccio. Ella balzò indietro con un’esclamazione di sorpresa, scrollando la mano. Mai prima di allora il demone aveva reagito contro di lei, mai le aveva fatto del male in alcun modo. Ma lei, non aveva mai osato colpirlo prima di allora, lo aveva sempre trattato con calcolato rispetto. Sciocca! Ella si guardò la mano, temendo di vederla malamente ustionata, il che avrebbe costituito una grave menomazione per l’attacco di oggi. Ma la pelle era perfettamente liscia e senza vesciche, e soltanto un’intensa sensazione di bruciore testimoniava della scossa ricevuta.

— T’uupieh, stai bene?

Si girò e vide Y’lirr, che le era giunto silenziosamente alle spalle, fra il serio e lo spaventato. — Sì — lei annuì, frenando una risposta più tagliente alla vista della sua preoccupazione. — Non è stato nulla. — Egli le aveva portato il suo arco doppio e la faretra, lei si protese ad afferrarli proprio con la mano che le faceva male, con gesto disinvolto, e se li infilò a tracolla. — Vieni, Y’lirr, noi dobbiamo…

— T’uupieh. — La voce arcana del demone la chiamò all’improvviso. — T’uupieh, se credi nel mio potere di cambiare il destino a volontà, allora devi tornare indietro e ascoltarmi.

Ella si voltò; sentì Y’lirr esitare alle sue spalle. — Sì, io credo in tutti i tuoi poteri, mio demone! — Si sfregò la mano colpita.

Le profondità ambrate dell’occhio assorbirono la sua espressione, lessero la sua sincerità; o per lo meno, lei lo sperò. — T’uupieh, so che non sono riuscito a convincerti. Ma voglio che tu… — le sue parole si fecero inintellegibili, — … in me. Voglio che tu sappia il mio nome. T’uupieh, il mio nome è…

Ella udì Y’lirr che, dietro di lei, lanciava un grido di orrore. Girò la testa, vide che si copriva gli orecchi; poi si voltò nuovamente a fissare il demone, paralizzata dall’incredulità.

— … Shang’ang.

Questa parola la sferzò quanto il fuoco del demone, ma questa volta fu colpita soltanto la sua mente. T’uupieh urlò, protestando disperatamente, ma il nome era già penetrato nella sua coscienza. Troppo tardi!

Passò un lungo attimo, poi ella respirò profondamente e scosse la testa. L’incredulità l’inchiodava ancora alla sua immobilità, mentre lasciava che i suoi occhi scrutassero l’accampamento che andava illuminandosi e ascoltava i suoni della foresta che si risvegliava, respirando l’acidulo aroma dei germogli di primavera. Poi, scoppiò a ridere. Aveva udito un demone pronunciare il proprio nome, e lei viveva ancora! E non era né cieca, né sorda, né pazza. Il demone aveva scelto lei, si era unito a lei, si era finalmente arreso a lei!

Stordita dall’improvvisa esultanza, non si rese conto, sulle prime, che il demone aveva continuato a parlarle. Ma subito interruppe la canzone trionfale che s’innalzava dentro di lei, e ascoltò:

— … Quindi ti ordino di condurmi con te quando partirai quest’oggi. Devo vedere ciò che accade a Klovhiri e ai suoi.

— Sì! Sì, mio… Shang’ang. Sarà fatto come tu desideri. Il tuo capriccio è il mio desiderio. — Ella si girò e cominciò a scendere il pendio, ma si arrestò là dove Y’lirr si era gettato a terra quando il demone aveva pronunciato il proprio nome. — Y’lirr? — Ella lo spinse col piede. Provò sollievo quando vide che alzava la testa; vide la propria incredulità riflessa sul volto di lui, quand’egli la fissò.

— Mia signora… non ti ha…

— No, Y’lirr — lei gli rispose in un sussurro. Poi aggiunse, in tono più brusco: — Naturalmente non l’ha fatto! Adesso io sono veramente la Consorte del Demone, nessun ostacolo potrà più fermarmi. — Lo urtò nuovamente col piede, con più forza. — Alzati. Che cosa mai ho qui con me, un branco di codardi piagnucolanti pronti a rovinare il mattino del mio trionfo?

Y’lirr si tirò su in piedi, ripulendosi. — Questo mai, T’uupieh! Siamo pronti a qualunque tuo ordine! Pronti a eseguire la tua vendetta. — La sua mano si strinse intorno all’elsa del pugnale.

— E il mio demone si unirà a noi! — L’orgoglio echeggiava nella sua voce. — Fatti aiutare da qualcuno e porta qui una slitta. E di’ agli uomini di muoverlo con la maggior delicatezza.

Egli annuì, lanciò una rapida occhiata al demone e T’uupieh colse nei suoi occhi un lampo di paura misto a invidia. — Buone notizie — lo rassicurò. Poi Y’lirr si allontanò, brusco e rozzo come sempre, senza neppure voltarsi a guardarla.

Ella udì un clamore levarsi dal campo, e si voltò, aguzzando gli occhi, pensando che la novità del demone si fosse già diffusa. Ma poi vide Lord Chwiul che stava arrivando, come aveva promesso, guidato nella radura dalla scorta che lei gli aveva inviato. Lo fissò sgranando gli occhi: era venuto davvero da solo, ma cavalcava un bliell. Erano montature rare e costose, essendo le uniche bestie che lei conosceva in grado di reggere a tanto peso, ma anche cattive e difficili da addestrare. Ella osservò quest’esemplare che azzannava l’aria, i denti aguzzi che sporgevano dalle labbra carnose gocciolanti saliva, ed ebbe un lieve sorriso. Vide che la scorta si teneva a debita distanza dai piedi palmati grossi come ceppi, le lance protese pronte a conficcarsi nelle sue carni per ridurlo alla ragione. Era un anfibio, troppo pesante per riuscire a volare con le sue gracili ali, ma era assai agile e un eccellente nuotatore.

T’uupieh considerò brevemente le dita palmate delle sue mani e dei piedi, le ali che adesso riuscivano a stento a sollevare il suo corpo per pochi istanti, e tornò a chiedersi, così come l’aveva fatto tante volte, quale strano tiro del destino avesse formato, o trasformato, tutti loro.

Vide Y’lirr parlare con Chwiul, voltandosi a indicarla, vide il suo sogghigno insolente e la traccia di apprensione che Chwiul mostrò, guardando a sua volta verso di lei. T’uupieh fu certa che gli avesse detto: — Lei conosce il suo nome.

Chwiul cavalcò, venendole incontro, controllando l’espressione del proprio viso mentre si sottoponeva all’esame del demone. T’uupieh allungò una mano accarezzando lievemente, con distratta disinvoltura, il fianco sensualmente curvo del demone sfaccettato come un gioiello. I suoi occhi lasciarono per un attimo Chwiul, istintivamente attirati dal cielo sopra di lui, e per un mezzo istante vide squarciarsi le nubi…

Ammiccò, per distinguere più chiaramente, ma quando guardò di nuovo era scomparso. Nessun altro, neppure Chwiul, aveva visto il disco gibboso d’oro verdastro, attraversato da una riga argentea e chiazzato di nero: la Ruota della Vita. Mantenne il proprio viso senza espressione, ma il cuore accelerò i battiti. La Ruota appariva soltanto quando la vita di qualcuno stava per essere cambiata profondamente, e di solito il cambiamento significava morte.

La cavalcatura fece un improvviso scarto, quando Chwiul la fermò. Lei restò immobile accanto al demone, ma un po’ della bava bluastra del bliell finì sul suo mantello quando Chwiul diede uno strattone alla massiccia testa. — Chwiul! — Ella lasciò che la sua emozione sgorgasse sotto forma di collera. — Tieni quella sporcizia sbavante sotto controllo, altrimenti la farò uccidere! — Le sue dita accarezzarono la pelle liscia del demone.

Il mezzo sorriso di Chwiul svanì, ed egli tirò indietro la sua cavalcatura, fissando a disagio l’occhio del demone.