124310.fb2 La sposa n. 91 - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 3

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Landy e io eravamo ancora freddi quando lasciammo l’astronave e venimmo catapultati nel nostro alloggio. Ma le bellezze del pianeta ci scaldarono subito. Ci avevano riservato una sfera mononucleare sospesa e ancorata cento metri sopra l’edificio principale. Ci trovammo nell’isolamento più totale, quello che le coppie in luna di miele desiderano (sebbene, com’è noto, ci siano anche delle eccezioni).

Ci demmo un gran da fare per godere tutte le bellezze di Thalia.

Facemmo il giro dell’intero continente in aquilone. Bevemmo cocktails ai ricevimenti. Mangiammo bistecche di alga, arrostite sulla fiamma scoppiettante. Andammo a nuotare. A caccia. A pesca. Facemmo l’amore. Facemmo la cura del sole finché la mia pelle divenne scura come il bronzo e quella di Landy verdina come le porcellane di Kang-hsi. Ci divertimmo insomma, nonostante la ragnatela di tensione che cominciava a inviluppare il nostro matrimonio.

Il tutto andò per il meglio finché il bronco non si liberò.

Non era esattamente un bronco. Era un gigantesco quadrupede vesiliano, blu con striature arancione, una grossa coda micidiale, e una spaventosa fila di denti. Due tonnellate, più o meno, di animale selvaggio. Lo tenevano in un recinto dietro uno dei serbatoi di protoni, e di tanto in tanto degli ardimentosi, vestiti da cowboy, davano spettacoli di rodeo per gli ospiti. Era impossibile domare la bestia, e nessuno riusciva mai a restarle in groppa per più di dieci secondi. C’erano stati dei morti, e parecchi avevano avuto almeno un arto maciullato.

Landy fu affascinata dall’animale. Non chiedetemi il perché. Mi trascinava al recinto tutte le volte che annunciavano uno spettacolo, e restava rapita a osservare i cowboys che venivano scaraventati per aria. Era ferma accanto alla staccionata il giorno in cui il bestione si liberò del cavaliere, ruppe la prima staccionata, e partì al galoppo verso la libertà.

«Uccidetelo!» cominciò a gridare la gente.

Ma nessuno era armato tranne i cowboys, che però si trovavano in diversi stati di stupore e di sgomento, tanto da essere incapaci di fare qualcosa di utile. Il quadrupede, rotta anche la seconda staccionata, sradicò un alberello, fece un altro balzo di una ventina di metri, poi si fermò incerto sul da farsi, con aria sicura e minacciosa. Lì attorno c’erano una cinquantina di giovani mariti, e quella era un’occasione per dimostrare alle loro mogli quali eroi fossero. Sennonché nessuno volle afferrarla, e tutti pensarono unicamente a fuggire: alcuni, trascinandosi dietro le mogli; altri, non pensando neanche a quello. Anch’io volli scappare, ma, devo dirlo a mio onore, pensai anche a Landy. Mi guardai attorno per cercarla, e la vidi che stava correndo verso la bestia. Afferrò una corda che pendeva dal fianco dell’animale e salì in groppa, dietro la criniera. Il bestione fece alcuni passi indietro e s’impennò, ma Landy si tenne salda. Sembrava un ragazzino in groppa a un elefante. Si piegò in avanti e poggiò la sua apertura d’ingestione sulla pelle dell’animale. Quest’ultimo si calmò immediatamente, emise un piacevole barrito, e partì trottando verso il recinto. Ma questa volta non ruppe la staccionata: Landy gliela fece saltare. Un attimo dopo gli sbigottiti cowboys, quelli che erano ancora in grado di connettere, legarono saldamente l’animale. Landy discese.

«Da bambina cavalcavo quegli animali tutti i giorni» mi spiegò. «So come trattarli. Sono molto più docili di quanto non sembri. Oh, è stato bello tornare a cavalcare.»

«Landy!»

«Mi sembri arrabbiato.»

«Landy è stata una pazzia la tua. Potevi morire.»

«Ma non c’è nessun rischio quando sai come trattarli.»

«In ogni modo» gridai «non fare mai più una cosa simile!»

«Perché sei così in collera?» mi chiese. «Oh, sì, capisco. Tra i terrestri la moglie non fa mai una cosa simile. Ho fatto qualcosa che spettava all’uomo, vero? Mi vuoi perdonare? Mi perdoni?»

Le perdonai. Ma ci vollero tre ore di discussione per stabilire i complessi problemi morali della situazione. In definitiva, convenimmo che se una cosa del genere si fosse ripetuta, sarei stato io a domare la bestia.

La cosa non si ripeté. E noi passammo la luna di miele nella massima felicità. I sei mesi trascorsero, e il nostro matrimonio scadde. Al momento esatto della scadenza, Landy mi abbracciò e con dolcezza sussurrò la più sconcertante proposta che avessi mai sentita.

«Sposami ancora» mi disse.

Noi terrestri, ordinariamente, non facciamo cose simili. Sei mesi di matrimonio sono più che sufficienti, e quando finiscono, finiscono. Ma io amavo Landy con tutto il cuore, e lei, d’altra parte, mi propose una variante interessantissima. Per cui, alla fine, siamo andati davanti al registratore e abbiamo stipulato un nuovo contratto di sei mesi.

Ma questa volta abbiamo convenuto che il matrimonio sarà alla suvornese, e non alla terrestre. Per cui i due matrimoni non saranno consecutivi nello spirito, anche se lo sono nel tempo. Pare infatti che un matrimonio suvornese sia molto diverso da quello terrestre.

Diverso come?

Fra qualche mese ne saprò qualcosa di più. Io e Landy partiamo domani per Suvorn. Mi sono fatto cambiare i denti, per farle un piacere, ed è molto strano andare in giro con una bocca piena di aghi. Ma finirò certo con l’abituarmi. Uno deve sopportare dei piccoli inconvenienti nel dare e avere del matrimonio. Le cinque sorelle di Landy tornano sul loro pianeta con noi. Altre undici ci aspettano. Secondo il costume suvornese io sono sposato con tutte e diciassette; a parte ogni qualsiasi altra unione che possano aver contratta.

Così la moglie novantuno è anche la moglie novantadue, e sono diciassette in una volta, tutte dal profumo di melassa, con gli occhi d’oro, e deliziosamente magre. Che felicità. Che senso di pienezza umana. Mi chiedo a volte che cosa farebbe uno come me — così curioso nella vita e nello stesso tempo così rigido quanto a principi morali — se non ci fossero questi matrimoni interplanetari.