123636.fb2
— Anch’io sono malato. Vieni qui. — Una mano di Mr. Parker guidò Little Tib fuori dalla poltroncina di fronte alla macchina delle luci, e fu l’altro a sedersi al suo posto. L’uomo si piegò in avanti e l’apparecchiatura mandò un ronzio. — Naturalmente — disse Mr. Parker, — dovrò portarlo dentro con me. È troppo piccolo perché lo si possa lasciar solo in una sala d’attesa.
— Lo può tener d’occhio quest’uomo.
— Lui ha fretta d’andarsene.
— Sissignore — annuì Nitty. — Non avrei indugiato finora, se qui non fosse così interessante.
Little Tib si aggrappò a una mano di Mr. Parker, e dopo aver percorso un paio di brevi corridoi entrarono nel piccolo ambulatorio.
— Lei non è un mio paziente — disse la dottoressa, chiudendo la porta alle sue spalle. — Sentiamo, cosa c’è che non va?
Mr. Parker le parlò di Little Tib, e le chiese di addebitare sulla sua carta di credito tutto ciò che voleva.
— Questo è molto irregolare — disse la dottoressa. — Non dovrei neppure pensarci. Cos’è successo ai suoi occhi?
— Non lo so. Sembra che non abbia più la retina a tutti e due.
— Ci sono i trapianti di retina, anche se non sono sempre efficaci.
— Permetterebbero di dargli un’identità? La vista sarebbe secondaria rispetto a questo, per il momento.
— Suppongo di sì.
— Può farlo ricoverare in un ospedale?
— No.
— Non senza disegno retinico, vuol dire?
— Proprio così. Mi piacerebbe poterle dire il contrario, ma sarebbe inutile. Non lo accetterebbero mai.
— Capisco.
— Ho molti pazienti che aspettano. Le addebiterò una visita per un’influenza. Gli dia queste, dovrebbero fargli calare la febbre; se domani non sta meglio, me lo riporti.
Più tardi, mentre l’aria e gli oggetti si raffreddavano, e gli ucccelli diurni s’erano azzittiti lasciando pian piano il posto a quelli notturni, e Nitty aveva acceso un fuoco su cui stava cucinando qualcosa, disse a Mr. Parker: — Non capisco perché non abbia voluto aiutare il bambino.
— Gli ha dato qualcosa per la febbre.
— Non è molto. Avrebbe potuto fare di più.
— C’è tanta gente che ha bisogno di…
— Lo so. E non sono poi tanti. Ce n’è di più in Cina o in altri posti. Lei crede che questa medicina gli farà bene?
Mr. Parker poggiò una mano sulla testa di Little Tib. — Pensò di sì.
— Restiamo qui a occuparci di lui, oppure domattina ce ne torniamo a Martinsburg?
— Domattina vedremo come sta.
— Sa, Mr. Parker, a vederla come agisce ora… voglio dire, credo che ce la farà.
— Sono un bravo programmatore, Nitty. Lo sono davvero.
— So che lo è. Lei lavori bene a quel programma, e la macchina scoprirà che hanno ancora bisogno di un sovrintendente. E anche di un uomo per la manutenzione. Perché un uomo deve sentirsi così male se non ha un lavoro da fare e una paga? Me lo sa dire? Forse mi hanno messo qualcosa nella testa, come lei?
— Il perché lo sa bene quanto me — disse Mr. Parker.
Little Tib non li ascoltava. I suoi pensieri erano tornati alla ragazzina e alla gamba di lei. L’ho sognato, pensò. Nessuno può fare quella cosa; ho solo sognato di toccarla e di sentire che diventava più grossa. E questo vuol dire che la realtà era l’altra, l’uomo di rame e la gigantessa con la scopa.
Un gufo mandò il suo richiamo, e a lui tornò in mente la piccola sveglia ronzante che sua madre aveva accanto al letto nella casa nuova. Al mattino presto la suoneria echeggiava, e suo padre doveva alzarsi. Quando vivevano nella casa vecchia e suo padre aveva un sacco di lavoro da fare, la sveglia non gli serviva. I gufi dovevano essere le vere sveglie, e quando essi avrebbero fatto il loro verso lui si sarebbe risvegliato in una casa vera.
S’addormentò. Poi si trovò di nuovo desto, ma non vedeva niente. — Meglio che mangi qualcosa — disse Nitty. — Ieri sera non hai messo niente nello stomaco; ti sei appisolato e ho preferito non svegliarti. — Gli mise in mano un panino. — Non è molto fresco — disse, — ma è buono.
— Prenderemo un altro treno?
— Il treno non va a Martinsburg. Purtroppo non abbiamo stoviglie, ma questo te lo metto in un pezzo di carta. Bada a non farlo cadere in terra.
Little Tib stiracchiò le gambe. Era affamato, e s’accorse che da un bel po’ di tempo non provava vero appetito. Domandò: — Dovremo camminare?
— È troppo lontano; faremo l’autostop. Mettiti seduto, così te lo appoggio sulle gambe. — Little Tib sentì la mano di lui deporgli un involto in grembo. Lo toccò e avvertì il contatto del prosciutto. Attorno c’era ancora l’involto, ma era stato tagliato in due. — L’ho arrostito sul fuoco ieri sera — disse Nitty. — C’è anche una salsiccia che ho tenuto da parte per te. Non fartela scivolare.
Little Tib prese la salsiccia in una mano come un cono gelato, e tolse la pelle con l’altra. Era morbida e calda, ma croccante all’esterno. Ne mangiò un poco con il pane, di gusto, e dopo qualche boccone gli venne sete.
— Ci siamo procurati questa roba a casa di una donna piuttosto povera — disse Nitty. — È lì che bisogna andare se si desidera un boccone di pane. I ricchi hanno paura e non aprono. Mr. Parker e io non possiamo comprare niente. Non abbiamo ancora ottenuto credito per il mese di settembre… speravamo di averlo una volta a Macon.
— Per me non daranno nulla — disse Little Tib. — Mamma doveva darmi del suo da mangiare.
— Questo perché non avevano il tuo disegno retinico. Comunque, che differenza farebbe? Ti spetterebbe un credito così piccolo che sarebbe quasi come non avere niente. Mr. Parker riceve più di me perché quando lavoravamo la sua paga era maggiore, ma anche questo è pressoché il minimo bastante per sopravvivere.
— Dov’è Mr. Parker?
È un po’ più giù, si sta lavando. Vedi, l’autostop è difficile se non sei ben pulito. Nessuno ti prende su. Ieri sera abbiamo trovato un rasoio ancora buono, e adesso lui si fa la barba.
— Vuoi che mi lavi?
— Non ti farebbe male — disse Nitty. — Ieri sera hai pianto, e sulla polvere che hai in faccia sono rimaste delle strisce. — Prese per mano Little Tib e lo condusse lungo un sentiero liscio delimitato da alte erbe. La vegetazione era bagnata di rugiada, fredda come il ghiaccio. Sul bordo del ruscello trovarono Mr. Parker. Little Tib si tolse le scarpe e i vestiti ed entrò con i piedi nell’acqua. Era fredda, anche se non quanto le gocce di rugiada. Nitty gli venne accanto, lo spruzzò, gli versò acqua sul capo con le mani e poi lo costrinse a immergersi del tutto (non senza avergli raccomandato di trattenere il fiato) per lavargli anche i capelli. Fatto ciò lavarono i vestiti alla meglio e li appesero sui cespugli ad asciugare.
— Stamattina sarà duro fare l’autostop — disse Nitty.
Little Tib gli chiese perché.
— Siamo in troppi. Quanti più siamo, tanto più è difficile avere un passaggio.
— Potremmo separarci — suggerì Mr. Parker. — Faremo a chi tira la paglia più lunga per decidere chi deve stare con George.