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— Sì, signora — disse Nitty. — È sicuramente malato.
La voce di una ragazzina disse: — Che malattia ha, mamma?
— Ha la febbre, tesoro, e naturalmente è cieco.
Little Tib disse: — Io sto bene.
La voce di Mr. Parker lo tranquillizzò: — Starai meglio dopo che la dottoressa ti avrà visitato, George.
— Posso alzarmi — disse Little Tib. Aveva scoperto che Nitty lo teneva seduto sulle ginocchia, e questo lo imbarazzava.
— Ti sei svegliato? — domandò Nitty.
Little Tib mise i piedi al suolo e annaspò in cerca del suo bastone, ma era sparito.
— È un pezzo che dormi. Ti sei svegliato soltanto per metà anche quando siamo scesi dal treno.
— Salve — disse la ragazzina. Bam. Bam. Bam.
— Salve — le rispose Little Tib.
— Non farti toccare la faccia da lui, tesoro. Ha le mani sporche.
Little Tib sentì che Mr. Parker parlava con Nitty, ma non prestò loro attenzione.
— Io ho una bambola — gli disse la ragazzina, — e un cane. Si chiama Muggly. Il nome della bambola è Virginia Jane. — Bam.
— Cammini in modo buffo — disse Little Tib.
— Ci sono costretta.
Lui si chinò a toccarle una gamba. Abbassare la testa lo fece sentire strano. C’era un suono squillante, irreale, che sembrava aleggiare intorno e dentro di lui. Sentì con le dita l’orlo della gonna della ragazzina, poi la sua gamba, calda e asciutta, quindi un oggetto di gomma con delle parti metalliche, e strisce che gli ricordavano il collo dell’uomo di rame su tutti i lati. Le seguì con la mano e dentro di esse ritrovò la gamba di lei, ma era perfino più sottile del suo braccio.
— Attenti che non le faccia male — disse la donna.
Nitty disse: — Non le fa nessun male. Di che ha paura? Un ragazzino così!
Lui pensò alle proprie gambe che camminavano sul sentiero, che saltellavano fra i fiori verso la città verde. La gamba della ragazzina era come le sue, era più grossa di come l’aveva sentita, diventava sempre più grossa sotto le sue dita.
— Vieni — disse lei. — Mamma mi ha lasciato portare qui Virginia Jane. Vuoi vederla? — Bam. — Mamma, posso sciogliermi le cinghie?
— No, cara.
— Ma a casa tu me le togli sempre.
— Solo quando vai a letto, tesoro, o quando ti faccio il bagno.
— Ma non ne ho più bisogno, mamma. Vedi? Adesso mi stringono.
La donna urlò. Little Tib si coprì gli orecchi. Quando ancora vivevano nella vecchia casa, e sua madre e suo padre gridavano, lui si copriva gli orecchi a quel modo e loro nel vederlo la smettevano. Con la donna però non funzionò: lei continuò a gridare.
Una donna che lavorava alle dipendenze della dottoressa cercò di farla calmare. Infine la dottoressa in persona uscì e le diede qualcosa. Little Tib non poteva vedere cosa fosse, ma la sentì dire più volte: — Prenda questo. Prenda questo. — E come Dio volle la donna lo prese.
Poi la ragazzina e sua madre furono portate nell’ufficio della dottoressa. C’era molta più gente adesso, in sala d’attesa, di quanta Little Tib ne aveva udito all’inizio, e tutti stavano parlando. Nitty lo prese per un braccio. — Non voglio sedere sulle tue ginocchia — disse Little Tib. — Non mi piace sederti sulle ginocchia!
— E allora siedi qua — disse Nitty, quasi in un sussurro. — Toglieremo di mezzo Virginia Jane.
Little Tib s’arrampicò sopra una liscia sedia plasticata, con Nitty da una parte e Mr. Parker dall’altra.
— È un peccato — disse Nitty — che tu non abbia potuto vedere la gamba di quella bambina. Quando ci siamo messi a sedere qui era sottile come uno stecco. E quando l’hanno portata lì dentro era identica all’altra.
— Questo è bello — disse Little Tib.
— Ci stavamo domandando… tu hai qualcosa a che fare con quel che è successo?
Little Tib non lo sapeva, così rimase zitto.
— Non tormentarlo, Nitty — disse Mr. Parker.
— Non lo sto tormentando. Sto solo chiedendo una cosa: è importante.
— Sì, lo è — disse Mr. Parker. — Tu pensaci, George, e se poi avrai qualcosa da dire faccelo sapere. Noi ti ascolteremo.
Little Tib restò a lungo seduto dov’era, e infine la donna che lavorava per la dottoressa uscì. — È questo il ragazzo? — chiese.
— Ha la febbre — la informò Mr. Parker.
— Dobbiamo vedere il suo disegno retinico. Portatelo dentro.
— Inutile — disse Nitty. E Mr. Parker aggiunse: — Non potrete prendere il suo disegno retinico… le sue retine non esistono più.
La donna che lavorava per la dottoressa non disse nulla per un poco, poi: — Be’, ci proveremo lo stesso. — Prese per mano Little Tib, e lo condusse in una stanza dove c’era una macchina con molte luci. Lui sapeva che quella era una macchina con molte luci, perché l’aveva riconosciuta dall’odore e dal contatto dei sensori contro la sua faccia. Dopo un poco lei gli lasciò scostare gli occhi dai dischetti di plastica.
— Bisogna che la dottoressa lo visiti — disse Nitty. — So che senza un disegno retinico non potete mettere la visita in conto al governo. Ma il bambino è malato.
La donna disse: — Se aprirò una pratica su di lui vorranno sapere chi è.
— Gli tocchi la fronte: sta bruciando.
— Penseranno che è entrato illegalmente in questa regione. E una volta che un’indagine abbia preso inizio non la potrete più fermare.
— Possiamo parlare alla dottoressa? — chiese Mr. Parker.
— È quel che stavo cercando di dirvi. Non potete vederla.
— Voglio farmi visitare: io sono malato.