123635.fb2 Il mattatore - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 3

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— D’accordo, signor D’Uccia — disse Thornier gentilmente.

D’Uccia restò fermo a farfugliare, lanciando accuse minacciose e agitando disperatamente il giglio. Alla fine lo gettò bestemmiando nel corridoio e se ne andò, zoppicando penosamente.

— Fiiiu! — sospirò Rick. — Che cosa hai combinato?

Thornier glielo raccontò con voce aspra. Il tecnico scosse la testa.

— Non ti licenzierà. Cambierà idea. È troppo difficile con i tempi che corrono trovare qualcuno che voglia fare questo sporco lavoro.

— L’hai sentito. Può comprare un’istallazione di controllo automatico. Una macchina “lavapavimenti”.

— Balle! “Dooch” è troppo tirchio per tirar fuori tanta grana. Inoltre, non potrebbe più togliersi la soddisfazione di urlare davanti a una macchina.

Thornier lo guardò di traverso. — E perché no?

— Be’… — Rick fece una pausa. — Già!… Hai ragione. Lo può fare. Una volta è venuto qui e si è messo a urlare contro il Maestro. L’ha preso a calci, insultato, scosso… come uno che cerca di riavere indietro il gettone da un telefono. Ed è riuscito ad andarsene via anche con aria soddisfatta.

— Perché no? — mormorò Thornier cupamente. — Per D’Uccia le persone sono delle macchine. E in questo è leale. Desidera trattare tutti alla stessa maniera.

— Ma non avrai per caso l’intenzione di restare qui due settimane, vero?

— Perché no? Questo mi darà tempo di saggiare il campo per trovare lavoro.

Rick grugnì dubbiosamente e rivolse l’attenzione alla macchina. Rimosse il pannello frontale superiore e lo mise da parte. Aprì un contenitore metallico posto sul pavimento e ne tolse un rotolo di nastro plastificato, del diametro di trenta centimetri e altrettanto largo. Lo montò su un perno all’interno del Maestro e cominciò a svolgere il nastro attraverso una serie di cilindri e guide. Il nastro sembrava mangiato dai vermi… coperto com’era da migliaia di piccoli punti e di solchi ondeggianti. Il custode rimase a guardare con fredda ostilità tutto il procedimento.

— È questo il nastro registrato per L’anarchico? — domandò in tono duro.

Il tecnico annuì. — Ed è anche nuovo di fabbrica. Devo stare attento a maneggiarlo. Ha ancora le sbavature per il taglio di stampa. — Fermò per un momento il meccanismo di ricarica, scalzò col punteruolo una sbavatura, vi soffiò sopra e avviò di nuovo il motore.

— Che cosa accade quando il nastro si intacca o si rompe? — borbottò interessato Thorny. — Gli attori crollano sul palcoscenico?

Rick scosse la testa. — No, è una cosa che capita spesso. Un graffio o un’irregolarità sul nastro fanno saltare all’attore qualche battuta o lo fanno magari esitare, ma poi il Maestro individua l’intoppo e rimedia. Il Maestro riceve dal palcoscenico gli impulsi e dirige minuto per minuto tutto lo spettacolo. Può fare molto per rimediare…

— Pensavo che l’intero spettacolo dipendesse dal nastro.

Il tecnico sorrise. — In un certo senso è così. Ma è più di uno spettacolo di burattini diretti da un nastro magnetico, Thorny. Il Maestro sorveglia il palcoscenico… no, più che sorvegliare, il Maestro è il palcoscenico, in versione elettronica. — Batté affettuosamente la mano sulla copertura metallica. — Chiuso qui dentro c’è il temperamento di tutti gli attori. È molto più di un controllo a distanza come molti pensano. È una macchina che dirige e crea. Ha persino dei ricevitori situati in platea per saggiare le reazioni del pubblico e…

Tacque improvvisamente vedendo la faccia del vecchio attore. Deglutì nervosamente. — Thorny, non fare quella faccia. Mi dispiace. Tieni, prendi una sigaretta.

Thorny la prese con mani tremanti. Con gli occhi socchiusi, fissò il labirinto rilucente dei circuiti, osservò il nastro srotolarsi lentamente sui rulli per poi scendere nelle viscere del Maestro.

— Arte! — sibilò. — Teatro! In che cosa ti sei specializzato, Richard? In ingegneria drammatica?

Scosso da un tremito, uscì dalla cabina. Rick ascoltò il rumore rabbioso dei suoi tacchi sulla scaletta di ferro che scendeva dal palcoscenico. Scosse la testa con tristezza, si strinse nelle spalle e tornò a dedicarsi al controllo del nastro in cerca di irregolarità.

Dopo pochi minuti Thorny fu lì di nuovo con secchio e scopa. Aveva l’aspetto di un pentito riluttante. — Mi dispiace, amico — brontolò. — Lo so che cerchi solamente di guadagnarti la vita, e…

— Lascia perdere — tagliò corto Rick.

— È solo… cioè… è questo spettacolo in particolare che mi prende.

— Questo?… Vuoi dire L’anarchico? Perché, Thorny? L’hai forse recitato?

— Mmmm. Non è stato più rappresentato fin dal Novanta, eccetto… be’, dieci anni fa stava per essere ripresentato. L’abbiamo provato per settimane. Lo spettacolo è fallito prima dell’andata in scena. Finiti i soldi.

— Avevi una bella parte?

— Dovevo interpretare la parte di Andreyev — rispose Thornier con un sorriso triste.

Rick fischiò tra i denti. — Il protagonista. Peccato. — Alzò i piedi per permettere a Thorny di passarvi sotto la scopa. — Una grande delusione, immagino.

— Non è questo. È solo che… be’… fu proprio durante le prove dell’Anarchico che Mila e io ci trovammo per l’ultima volta insieme sul palcoscenico. Tutto qui.

— Mila? — Il tecnico tacque corrugando la fronte. — Mila Stone?

Thornier annuì.

Rick afferrò un nastro e lo agitò verso di lui. — Ma è lei in questa versione, Thorny! Lo sai? Interpreta la parte di Marka.

La risata di Thornier fu breve e spezzata.

Rick arrossì leggermente. — Be’, volevo dire che è il suo manichino che recita.

Thorny guardò con disgusto il Maestro. — Vuoi dire che il tuo Svengali meccanico dirige tutte le parti di quegli zombi gonfiati.

— Oh, smettila, Thorny. Sii amaro verso il mondo se questo ti fa piacere, ma non biasimarmi per quello che il pubblico vuole. E comunque non sono stato io a inventare l’autodramma.

— Non biasimo nessuno. Semplicemente odio questo… questo… — Colpì la base del Maestro con la scopa bagnata d’acqua.

— Tu e D’Uccia — brontolò Rick disgustato. — Solo che D’Uccia lo adora quando funziona bene. È solamente una macchina, Thorny. Perché odiarla?

— Non ho bisogno di ragioni per odiarla — brontolò con aria petulante. — Detesto anche gli elitaxi. Si tratta solo di gusti, tutto qui.

— D’accordo, ma il pubblico ama l’autodramma, per televisione, in rilievo o su un palcoscenico. E hanno quello che vogliono.

— Perché?

Rick soffocò una risata. — Be’, i soldi sono roba loro. L’autodramma è portatile, duplicabile, senza sorprese. E poi è flessibile. Puoi rappresentare Macbeth questa sera, L’anarchico domani e Il re della Luna la sera successiva… tutto nella stessa sala. Non ci sono problemi di umore per gli attori. Nessun problema di collaborazione. Affitti la pubblicità, i manichini e i nastri dalla Smithfield. Teatro in scatola. Sistematizzato, prodotto in massa. Persino a Coon Creek, Georgia.

— Bah!

Rick finì l’operazione di imbobinamento del nastro, richiuse il pannello e ne aprì uno adiacente. Aprì una scatola di cartone e ne tolse un mucchio di nastri avvolti su rulli più piccoli e li posò sulla tavola.

— Sono queste le anime vendute della Smithfield? — domandò Thornier, sorridendo in modo piuttosto bizzarro.

La sedia del tecnico scricchiolò minacciosamente e Rick esplose. — Sai benissimo che cosa sono.

Thornier annuì e si chinò per fissarli meglio, come se ne fosse affascinato. Ne prese uno dal mucchio e sospirò.