123096.fb2 Gli ondifagi - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 3

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— Assurdo, — disse il dottor Ogilvie. Si tolse gli occhiali, corrugò ferocemente la fronte e se li rimise. Fissò i numerosi fogli dattiloscritti che stringeva in mano e li scaraventò con disprezzo sulla superficie della scrivania. Scivolarono fin sull’altro lato andando a fermarsi contro il supporto prismatico della targa che diceva:

B.R. OGILVIE

Direttore

— Assurdo — ripeté.

Casey Blair, il migliore dei suoi giornalisti, soffiò un anello di fumo e vi infilò il dito indice. — Perché? — chiese.

— Perché… ma sì, è del tutto assurdo.

Casey Blair insisté: — Ora sono le tre del mattino. L’interferenza continua ormai da cinque ore e nessun programma ci arriva più alla TV o alla radio. Tutte le più importanti stazioni radio o televisive del mondo hanno smesso di trasmettere.

— E per due ragioni. Prima, perché stavano solo sprecando corrente. Secondo, gli uffici addetti alle telecomunicazioni dei rispettivi governi le hanno pregate d’interrompere le trasmissioni per non intralciare le ricerche avviate dovunque con gli indicatori direzionali. Ma sono passate cinque ore, ormai, dall’inizio dell’interferenza: hanno messo in opera tutto il possibile… e cos’hanno trovato?

— È assurdo! — ribadì il direttore.

— D’accordo, ma le cose stanno proprio così. Greenwich alle 23 (ora di New York: sto traducendo tutte queste ore in quella di New York) ha stabilito che l’interferenza proveniva all’incirca dalla direzione di Miami. Poi si è spostata verso nord finché, alle 2 antimeridiane, la direzione approssimativa era quella di Richmond, Virginia. Sempre alle 23 San Francisco ha compiuto un rilevamento all’incirca in direzione di Denver; tre ore più tardi la direzione dell’interferenza si è spostata a sud verso Tucson. Emisfero meridionale: i rilevamenti fatti da Città del Capo, nel Sudafrica, si sono spostati dalla direzione di Buenos Aires a quella di Montevideo, mille miglia a nord.

— Alle 23 New York ha rilevato deboli segnali in direzione di Madrid; ma alle 2 non c’era più nessun segnale. — Soffiò un altro anello di fumo. — Forse perché le antenne circolari che usano ruotano soltanto su un piano orizzontale?

— Paradossale.

— Mi piace di più “assurdo”, signor Ogilvie, — replicò Casey. — È assurdo, non paradossale. Se mi consente… ho una tremenda paura. Tutti quei rilevamenti che le ho nominato e molti altri di cui ho udito parlare, puntano nella stessa direzione, se si considerano come rette che si dipartono dalla Terra come tangenti, senza incurvarsi intorno alla sua superficie. Ho fatto dei calcoli con un piccolo mappamondo e una carta delle costellazioni. Convergono tutti verso la costellazione del Leone.

Si sporse in avanti e batté l’indice sulla prima cartella dell’articolo che aveva appena portato. — Le stazioni che hanno la costellazione del Leone allo zenit o quasi non ricevono nessun segnale. Le stazioni lungo quello che sarebbe il cerchio dell’orizzonte, sulla Terra, rispetto a quel punto in cielo ricevono i segnali più forti. Senta, faccia controllare questi dati a un astronomo, se vuole, prima di pubblicare l’articolo, ma lo faccia in fretta se non vuole leggerlo prima sugli altri giornali.

— Ma lo strato ionizzato, Casey, non dovrebbe bloccare tutte le onde radio e rifletterle all’indietro?

— Certo. Ma forse lo strato ionizzato lascia passar qualcosa. Forse i segnali possono attraversarlo dall’esterno, anche se non dall’interno… Non è una parete solida.

— Ma…

— So che tutto ciò è assurdo. Ma è reale. E manca soltanto un’ora prima di andare in macchina. Farà meglio a mandar subito questo articolo in tipografia perché lo compongano, mentre sta controllando con qualche astronomo i miei numeri e le direzioni. Inoltre c’è qualcos’altro che dovrà controllare.

— Che cosa?

— Non ho fatto in tempo a verificare le posizioni dei pianeti. Il Leone è sull’eclittica, potrebbe esserci un pianeta in mezzo. Forse Marte.

Gli occhi del signor Ogilvie s’illuminarono, poi tornarono a offuscarsi. — Blair, se lei si sbaglia diventeremo lo zimbello del mondo intero.

— E se avessi ragione?

Il direttore agguantò il telefono e cominciò ad abbaiare ordini.

6 Aprile — Titolo di testa del Morning Messenger di New York, ultima edizione (ore 6 del mattino):

INTERFERENZA RADIO PROVIENE DALLO SPAZIO: HA ORIGINE NEL LEONE

Potrebbe essere un tentativo di comunicazione da parte di Esseri esterni al Sistema Solare

Tutte le trasmissioni radio e televisive erano state sospese.

Le azioni delle stazioni radio e televisive aprirono in borsa con parecchi punti in meno rispetto al giorno precedente, poi subirono una caduta verticale fino a mezzogiorno, recuperando qualche punto alla chiusura.

Le reazioni della gente furono disparate: chi non possedeva una radio si precipitò a comperarne una e ci fu un vero boom delle vendite, soprattutto gli apparecchi portatili e quelli da tavolo. Al contrario, non fu venduto nessun televisore. Con la sospensione delle trasmissioni televisive non appariva nessuna immagine sugli schermi, neppure confusa. I loro circuiti radio, se accesi, producevano lo stesso caos degli apparecchi radio. Il che, come Pete Mulvaney aveva fatto notare a George Bailey, era impossibile: le onde radio non possono attirare i circuiti dei televisori. Ma queste lo facevano, sempre che fossero onde radio.

Alla radio sembravano proprio onde radio, ma terribilmente frammentate. Nessuno riusciva ad ascoltarle molto a lungo. Oh, c’erano sprazzi: momenti in cui per parecchi secondi consecutivi si poteva riconoscere la voce di Will Rogers o di Geraldine Farrar oppure ad afferrare sprazzi dell’incontro Dempsey-Carpentier o dell’eccitazione dei giorni di Pearl Harbor (ricordate Pearl Harbor?). Ma erano assai rare le cose che valesse la pena ascoltare, sia pure per un briciolo d’interesse. Per la maggior parte era un miscuglio senza senso di sceneggiati, pubblicità e stralci sfasati e gracchianti di quella che un giorno era stata musica. Era del tutto indiscriminato e insopportabile per qualunque lunghezza di tempo.

Ma la curiosità è uno stimolo irresistibile. Per qualche giorno vi fu un boom nelle vendite degli apparecchi radio.

Vi furono altri boom, meno spiegabili, quasi impossibili ad analizzarsi. Vi fu un’improvvisa corsa all’acquisto di pistole e fucili, che ricordò la grande paura che aveva contagiato tutti all’epoca dell’invasione marziana inventata da Orson Welles sulla falsariga di Wells. Bibbie e manuali d’astronomia andarono a ruba come panini. Una buona porzione del paese mostrò un improvviso interesse per i parafulmini, i cui fabbricanti si trovarono inondati da una pioggia di ordinazioni per l’installazione immediata.

Per motivi mai accertati a Mobile, Alabama, andarono a ruba gli ami da pesca. Nel giro di poche ore i negozi di articoli sportivi ne furono letteralmente svuotati.

Le biblioteche pubbliche e le librerie conobbero un decuplicato interesse per i libri astrologici e quelli su Marte. Sì, Marte, malgrado il pianeta rosso in quei giorni si trovasse sul lato opposto del Sole e ogni quotidiano avesse sottolineato nei suoi articoli sull’argomento che nessun pianeta si trovava in quel momento fra la Terra e la costellazione del Leone.

Stava accadendo qualcosa di strano e l’unica fonte di notizie sull’argomento erano appunto i giornali. La gente si affollava fuori dalle redazioni e dalle tipografie in fremente attesa d’ogni nuova edizione. Gli addetti alla diffusione impazzirono in silenzio.

La gente si raccoglieva in piccoli crocchi incuriositi anche intorno alle stazioni radio e agli studi televisivi, parlando a bassa voce come se stessero presenziando a una veglia funebre. Le porte del MID erano chiuse a chiave, anche se c’era sempre un usciere in servizio per far entrare i tecnici che continuavano a scervellarsi alla ricerca di una risposta al problema. Alcuni dei tecnici, che erano stati di servizio il giorno prima, non avevano chiuso occhio da più di ventiquattr’ore.

George Bailey si svegliò a mezzogiorno. Aveva soltanto un leggero mal di testa. Si rase e fece la doccia, uscì e dopo una leggera colazione si sentì di nuovo se stesso. Acquistò le prime edizioni dei giornali del pomeriggio, le lesse e sogghignò. La sua intuizione era stata giusta. Qualunque cosa fosse, non era per niente banale.

Ma cos’era, poi?

Le ultime edizioni del pomeriggio ebbero la risposta.

LA TERRA INVASA, DICE UNO SCIENZIATO

Il corpo settantadue era il più grande di cui disponevano. E l’avevano usato. Quella sera non una sola copia fra quelle riservate agli abbonati giunse a destinazione. I fattorini furono, alla lettera, assaltati dalla gente durante il percorso. Invece di recapitare le copie dei giornali, le vendettero; i più furbi riuscirono a spuntare un dollaro alla copia. I più sciocchi, o onesti, che non vollero venderli perché pensavano che i giornali spettassero agli abbonati, li persero ugualmente per strada: la gente li strappò via dalle loro mani.

L’ultimissima edizione cambiò solo dal punto di vista tipografico. Tuttavia il significato ne usci enormemente cambiato. Il nuovo titolo diceva:

LA TERRA INVASA, DICONO GLI SCIENZIATI

È curioso come il passaggio dal singolare al plurale possa tanto variare il significato d’una frase.

Quella sera la Carnegie Hall infranse tutte le tradizioni ospitando una conferenza a mezzanotte. Una conferenza imprevista e fuori programma. Il professor Helmetz era sceso dal treno alle 23 e 30, atteso da più di un’ora da una folla di cronisti. Helmetz, di Harvard, era lo scienziato, quello al singolare, che aveva fatto il primo titolo di testa.

Harvey Ambers, direttore del consiglio di amministrazione della Carnegie Hall, si fece largo in qualche modo tra la folla. Arrivò senza occhiali, cappello e fiato, ma riuscì a ghermire il braccio di Helmetz e non lo mollò più fino a quando non fu di nuovo in grado di parlare. — Vogliamo che lei parli al Carnegie, professore, — gridò all’orecchio di Helmetz. — Cinquemila dollari per una conferenza sui “vasori”.

— Certo. Domani pomeriggio?

— Adesso! Ho una macchina che ci aspetta. Venga.

— Ma…

— Avrà un pubblico. Presto! — Si rivolse alla calca: — Fateci passare, — intimò. — Qui non riuscirete a sentire tutti quanti quello che il professore ha da dire. Venite alla Carnegie Hall: lì parlerà a tutti. E spargete la voce!