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«Per ragioni etiche. Io… ah… sono contrario al gioco d’azzardo».
«Non sarebbe un gioco d’azzardo», gli fece notare Carmichael. «“Mi sono spesso chiesto cosa comperano i vinai…” Ma lei, cosa ricava da tutto questo?»
«Soddisfazione», rispose Talley. «La chiami pure così».
Ma Carmichael non era soddisfatto. Preferì cambiare argomento. Ciò che quella macchina poteva offrirgli. Un’assicurazione sulla vita, no? La salute e la felicità.
«E cosa può dirmi, di me? Ci sarà un altro punto cruciale nella mia vita?»
«Con tutta probabilità, si. Ma non necessariamente una crisi che comporti un pericolo per la sua persona».
«Allora mi consideri un cliente fisso».
«Io non…»
«Mi ascolti», insisté Carmichael. «Non sto tentando di estorcerle qualcosa. La pagherò. La pagherò molto… quanto vorrà. Non sono ricco, ma so esattamente quanto vale, per me, un simile servizio informazioni. Non si deve minimamente preoccupare…»
«Ma non può…»
«Oh, la smetta. Non sono un ricattatore, niente del genere. Non la sto minacciando di rivelare a tutti ciò che lei fa, se è questo che teme. Sono una persona normale, non un furfante. Le sembro pericoloso? Di che cosa ha paura?»
«Lei è una persona normale, sì», ammise Talley. «Soltanto che…»
«Perché no?» controbatté Carmichael. «Non le darò fastidio. Ho superato con successo un punto critico, col suo aiuto. Un giorno o l’altro ci sarà un’altra crisi. Mi dia ciò che serve a superarla. Mi faccia pagare ciò che vuole. In qualche modo mi procurerò i soldi. Li prenderò in prestito, se necessario. Non le darò il minimo disturbo. Tutto quello che le chiedo, è di lasciarmi venir qui ogni volta che avrò superato un punto critico, a munirmi di quanto è necessario per il successivo. Cosa c’è di male in questo?»
«Niente», disse Talley, con calma.
«Bene, allora. Sono un individuo come tanti altri. C’è una ragazza… Betsy Hoag. Voglio sposarla. Sistemarmi da qualche parte in campagna, allevare bambini e avere sicurezza. Non c’è niente di male in tutto questo, non è vero?»
Talley disse: «Era già troppo tardi nel momento in cui è entrato in questo negozio, oggi».
Carmichael sollevò lo sguardo: «Perché?» chiese, brusco.
Un cicalino ronzò nel retrobottega. Talley andò dietro la tenda e tornò quasi subito con un pacchetto incartato. Lo porse a Carmichael.
Carmichael sorrise. «Grazie», disse. «Grazie infinite. Ha nessuna idea di quando sarà il prossimo punto cruciale, per me?»
«Tra una settimana».
«Le spiace se…» Carmichael stava scartando il pacchetto. Ne tirò fuori un paio di scarpe dalla suola di plastica. Fissò Talley, perplesso.
«È così, eh? Avrò bisogno di queste… scarpe?»
«Si».
«Suppongo…» Carmichael esitò. «Immagino che non vorrà dirmi il perché?»
«No, non lo farò. Ma stia bene attento a calzarle tutte le volte che uscirà».
«Non si preoccupi. E… le spedirò un assegno. Potrebbero volermici alcuni giorni per mettere insieme il malloppo, ma lo farò. Quanto?»
«Cinquecento dollari».
«Le spedirò un assegno oggi stesso».
«Preferisco non accettare compensi fino a quando un cliente non è stato soddisfatto», disse Talley. Si era fatto più riservato. I suoi occhi azzurri erano freddi e distanti.
«Come vuole», annui Carmichael. «Io vado fuori a celebrare. Lei… beve?»
«Non posso lasciare il negozio».
«Be’, arrivederci. E grazie di nuovo. Non le causerò nessun guaio, sa. Glielo prometto!» Si girò e usci.
Seguendolo con lo sguardo, Talley ebbe un sorriso forzato e infelice Non ricambiò il saluto di Carmichael. Non quella volta.
Quando la porta si chiuse dietro Carmichael, Talley andò sul retro del suo negozio ed entrò nel locale dove si trovava l’analizzatore.
Un periodo di dieci anni può coinvolgere una miriade di cambiamenti. Un uomo che può contare su un tremendo potere quasi a portata di mano può, in quell’intervallo di tempo, trasformarsi da un uomo che non vuole allungare la mano a un uomo che è senz’altro pronto a farlo… e al diavolo i valori morali!
La trasformazione non si manifestò tanto in fretta in Carmichael. Va tutto a onore della sua integrità il fatto che ci volessero dieci anni perché una simile trasformazione avvenisse… un’alterazione completa di tutto ciò che gli era stato insegnato. Il giorno in cui era entrato per la prima volta nel negozio di Talley c’era ben poca malvagità in lui. Ma la tentazione era destinata ad accrescersi irresistibilmente una settimana dopo l’altra, visita dopo visita. Talley, per motivi suoi, era soddisfatto di starsene seduto lì in ozio, in attesa dei clienti, soffocando le inconcepibili possibilità della sua macchina sotto una cortina fumogena di funzioni banali. Ma Carmichael non si accontentava.
Gli ci vollero dieci anni per arrivare a quel giorno, ma il giorno arrivò. Talley sedeva nella stanza interna, la schiena rivolta alla porta. Adesso se ne stava rilassato su un’antica sedia a dondolo, gli occhi rivolti alla macchina. Era cambiata ben poco nello spazio d’un decennio. Copriva ancora la maggior parte di due pareti, e l’oculare dell’analizzatore luccicava sotto luci fluorescenti ambrate.
Carmichael fissò bramoso l’oculare. Era una finestra, anzi, una porta che si apriva su un potere al di là dei sogni di qualsiasi uomo. Una ricchezza al di là di qualunque immaginazione si trovava appena oltre quello spioncino. Il diritto alla vita e alla morte di qualunque uomo vivente. E non c’era nulla, tra lui e quel favoloso futuro, se non l’uomo che stava lì seduto, guardando la macchina.
Talley non parve udire quei passi cauti, o il lieve cigolio della porta alle sue spalle. Non si mosse quando Carmichael sollevò lentamente la pistola. Chiunque avrebbe pensato che fosse ben lungi dall’immaginarsi ciò che stava per capitargli, e neppure perché, o da parte di chi, quando Carmichael gli sparò attraverso la testa.
Talley sospirò e rabbrividi un poco, e ruotò la monopola dell’analizzatore. Non era la prima volta che la macchina gli mostrava il suo corpo privo di vita, intravisto in fondo a qualche sequenza di probabilità nel futuro, ma non aveva mai puntato gli occhi sull’accasciarsi di quella figura fin troppo familiare senza che un alito d’incredibile gelo soffiasse su di lui all’indietro dal futuro.
Alzo la testa, raddrizzò la schiena e si lasciò andare contro la sedia. Fisso gli occhi, pensieroso, su un paio di scarpe dalla suola ruvida che giacevano accanto a lui, sul tavolo. Restò seduto in silenzio per un po’, gli occhi sempre puntati sulle scarpe, mentre seguiva con la mente Carmichael lungo la strada, nella luce calante della sera, e la mattina dopo, e avanti, un giorno dopo l’altro, fino alla crisi successiva, il cui esito sarebbe dipeso dalla solidità dell’appoggio dei suoi piedi sulla banchina di una stazione della metropolitana, mentre un treno passava rimbombando accanto al punto esatto dove Carmichael si sarebbe trovato un giorno della settimana seguente.
Questa volta Talley aveva mandato fuori il suo fattorino ad acquistare due paia di scarpe. E un’ora prima aveva esitato a lungo fra il paio di scarpe a suola ruvida e quello con la suola liscia. Giacché Talley era umano, ed erano molte le volte in cui il suo lavoro gli ripugnava. Ma questa volta, alla fine, era stato il paio di scarpe dalla suola liscia ad essere incartato per Carmichael. Ora, Talley sospirò e tornò a curvarsi per osservare il futuro dentro la macchina, girando il regolare per riportare alla sua vista una scena che aveva già osservato prima.
Carmichael, in piedi sull’affollata banchina della metropolitana, la quale luccicava d’un’umida chiazza oleosa dovuta a un qualche traboccamento. Carmichael, con le scarpe dalla suola liscia che Talley aveva scelto per lui. Un movimento tumultuoso della folla, una spinta verso l’orlo della banchina: i piedi di Carmichael scivolarono spasmodicamente quando il treno passò ruggendo.
«Addio, signor Carmichael», mormorò Talley. Era il saluto che non aveva pronunciato quando Carmichael aveva lasciato il negozio. Lo pronuncio con rincrescimento… e il rincrescimento era per il Carmichael di oggi, che non si meritava una simile fine. Oggi, non era un furfante melodrammatico alla cui morte si poteva assistere impassibili. Ma il Tim Carmichael di oggi doveva espiare per il Carmichael di dieci anni dopo, e il pagamento doveva, inesorabilmente, essere riscosso.
Non e una bella cosa avere il potere di vita e di morte sui propri simili. Peter Talley sapeva, appunto, che non era una bella cosa — ma quel potere era stato posto tra le sue mani. Lui non l’aveva cercato. Gli pareva che la macchina fosse cresciuta quasi per caso, fino al suo incredibile completamento, sotto le sue dita e la sua mente addestrate.
Sulle prime, la cosa l’aveva riempito di perplessità. Come avrebbe dovuto usare un simile congegno? Quali pericoli, quali terribili potenzialità si nascondevano in quell’occhio che poteva vedere attraverso il velo del domani? Sua era la responsabilità, e aveva pesato molto su di lui, finché la risposta non era venuta. Ma, quando aveva saputo la risposta, il peso… be’, il peso era stato ancora maggiore.
Giacché Talley era un uomo mite.
Non avrebbe potuto dire a nessuno perché faceva il negoziante. Per la soddisfazione, aveva detto a Carmichael. E a volte, si, c’era davvero una profonda soddisfazione. Ma altre volte — in momenti come quello — c’erano soltanto sgomento e umiltà. Soprattutto umiltà.
Noi abbiamo ciò che ti serve? Soltanto Talley sapeva che quel messaggio non era per gli individui che, uno alla volta, entravano nel suo negozio. Quel pronome, si, era proprio inteso al plurale, non al singolare. Era un messaggio per il mondo intero — il mondo il cui futuro veniva riplasmato con attenzione e amore sotto la guida di Peter Talley. Non era facile modificare la linea principale del futuro… Il futuro è una piramide che prende forma con lentezza, un mattone dopo l’altro, e Talley doveva appunto cambiarlo un mattone dopo l’altro. C’erano uomini che erano indispensabili — uomini che avrebbero creato e costruito — uomini che dovevano venir salvati.